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Categoria “Le Frontiere” | Blog

Crudelia e il significato di “live action”

Live action: un genere borderline

“Live action”, letteralmente azione dal vivo, è un termine usato per indicare quei film basati su storie per bambini o ragazzi e distinguerli dalle eventuali versioni animate o video ludiche. L’evoluzione tecnologica ha portato anche alla realizzazione di prodotti misti (sia con riprese dal vero, che animati), o a versione computerizzate basate su riprese reali delle location (come nel caso del remake Disney del Re Leone. La specializzazione e l’avanguardia dei programmi di editing e le nuove tecniche di ripresa stanno avvicinando sempre di più la ripresa dal vero alla simulazione al computer, rendendo le categorie più mobili. L’assottigliamento dei confini ha stimolato gli stessi registi cinematografici a mettersi in gioco nell’animazione (Tim Burton, Steven Spielberg, per citare alcuni esempi).

Nel caso di Cruella la definizione di genere si fa borderline per più di un motivo. Il film si richiama a uno dei classici d’animazione più teneri di tutti i tempi: La carica dei 101, ma decide di raccontare la versione dell’antagonista, approfondendo il suo passato e delineandone una complessità psicologica. Già qui ci allontaniamo dalla “macchietta” della versione animata, e pure da quella del live action 96 con Glenn Close (La carica dei 101, questa volta la magia è vera).  Ciò nonostante, il tono simpatico scelto per affrontare le dinamiche evolutive del personaggio non appesantisce la storia e la rende accessibile anche a un pubblico giovane. Infatti oltre che “live action” il film è stato definito “crime comedy”. È molto difficile capire se si tratta di un prodotto più per adulti o per bambini, ma forse sarebbe meglio chiedersi cosa può dare a uno e cosa all’altro. Inoltre il film, se da un lato alterna atmosfere fantastiche (con tinture gotiche alla Burton) a sequenze da cinema muto, privilegia molto la personalità dei due personaggi interpretati da Stone e Thompson (lo sceneggiatore è lo stesso de La favorita, altro film tutto al femminile).

La narrazione

Cominciando in medias res Cruella ci racconta la sua storia fin dal principio, da quando era una bambina e si chiamava Estella (nome che manterrà anche quando si farà chiamare Cruella). E’ la madre a ricordarle continuamente di lasciar trasparire il lato Estella. Fin da subito capiamo la fragilità del binomio (il contesto complicato e l’atteggiamento iper protettivo della madre). A un certo punto l’inevitabile: Cruella e sua madre capiscono che deve seguire la strada della moda, ma è proprio mentre la madre cerca dei soldi in prestito per il viaggio che avviene un fatale incidente per cui cade da una scogliera.  Cruella assiste impotente ma timorosa di aver in parte contribuito. L’intero film si baserà su questo episodio, in quanto rivelatore anche della storia passata di Cruella.

D’ora in avanti dovrà farcela da sola e il binomio Estella-Cruella diventerá sempre più intenso. Iconiche sono le scene alla fontana in cui Estella-Cruella parla con la propria madre.

Estella a Londra conosce i vagabondi ladruncoli Orazio e Gaspare e vive con loro una vita nell’ombra. Un giorno però la Baronessa, una geniale ma arrogante stilista di moda, riconosce il suo talento e la assume nel proprio impero. Comincia il percorso di Estella-Cruella verso la conoscenza del proprio fatale destino. Estella emerge sempre di più ottenendo la stima della Baronessa, la quale però mantiene sempre la propria supremazia, anche quando è sempre di più il lavoro di Estella a  farle ottenere successo. Ciò nonostante Estella rimane servizievole, venendo pure schernita per eccesso di umiltà. Ma non è nulla in confronto a quello che scoprirà a proposito della spietata Baronessa, che diventerà la sua vera e propria nemesi e fautrice di Cruella. Non solo nel presente, ma anche nel passato.  Scoprirete perché, qui ci limitiamo ad indicare l’interessante caratterizzazione dei due personaggi.

Se pensiamo alla baronessa  e a Cruella, possiamo vedere due modalità diverse di interagire con il proprio lato oscuro. La baronessa commette crimini per l’angoscia di essere messa all’ombra dagli altri, Cruella sempre per reazione, e non solo, ogni suo atto è sempre accompagnato da creatività. Pensiamo alla bellissima scena in cui sorprende la baronessa con una versione del proprio vestito costituita da insetti, che poi prendono il volo, o a quella con il camion della spazzatura coperto di pellicce. Avrebbe avuto il coraggio la baronessa di fare una cosa del genere? No, infatti annulla la sfilata dopo lo scherzo di Cruella, lasciandole rubare la scena.

Cruella e la Baronessa si scontrano prima di scoprire la vera radice del loro conflitto, ma sarà proprio la scoperta della verità a far abbandonare l’illusione Estella e ad accettare Cruella, non più come alternativa, ma come unicum. Paradosso: superare l’illusorio dualismo per abbracciare il bianco e nero di Cruella, ma vissuto come unicum. Ma ha accettato davvero o si è alienata?

Un sequel di-fferente e l’inesauribile “macchia”

In molti hanno protestato per il tradimento della trama originale ma siamo sicuri che un ennesimo remake avrebbe reso davvero giustizia alla carica dei 101? Non è forse il destino delle grandi opere il desiderio di sequel e al contempo il la necessità di proteggerne l’unicità?

Se c’era una magia nel film d’animazione Disney era proprio l’espressività, irripetibile dalle moderne tecnologie computerizzate, di ogni personaggio, ma diciamolo pure, di ogni scena. L’idea forte del film era quella di mostrare dei cani normali nelle relazioni con gli esseri umani, ma nei momenti in cui comunicano tra di loro farli parlare, coinvolgendo lo spettatore.  Ed è proprio il concetto estetico di macchia e la sua caratteristica di “confine”, “frontiera”, a fungere da chiave di volta.  Non è un caso che Estella indossi il colore rosso (capelli e vestito), stesso colore dei capelli della madre, e sia con il fuoco che si presenta alla Baronessa per la prima volta come Cruella. Così come nel cartoon è la capacità di giocare con il “confine” uomo-animale a reggere l’avventura e ad educare i bambini, in Crudelia è la capacità di reggere il confine tra le proprie paure e i propri desideri ad affascinare giovani e adulti.

La scommessa di Cruella è di portare al cinema la stessa originalità che il cartoon ebbe nel mondo dell’animazione, e pur con qualche compiacimento di troppo, ci riesce.

Un’immagine-movimento particolare: l’immagine-affezione

L’immagine-affezione è ciò che occupa lo spazio di esitazione nel processo senso-motorio (tra la sensazione e il movimento). Per questo si avvicina così bene all’immagine-tempo, che è immagine diretta della durata, non più mediata dal movimento. Questa profonda analisi del cinema potrebbe richiedere un’esplorazione dettagliata e accurata, proprio come quella offerta dal servizio hausarbeit schreiben lassen, che assiste gli studenti nell’elaborazione di lavori accademici con una ricerca approfondita e una narrazione coerente. Pensate a questa bellissima inquadratura (in copertina all’articolo) di Crudelia durante la notte che apre gli occhi e ha un’idea, non sembra proprio un orologio a mezzanotte? Non spoileriamo la scena, ma diciamo solo che è il momento maggiore di climax in cui affiora la sua nuova personalità.

L’ambivalenza è il tema forte di Cruella, il bianco e nero dei capelli, la doppia personalità Estella-Cruella, la stessa voce altalenante, l’immagine ideale di sé VS quella vera, l’ambizione verso il proprio ignoto futuro e al contempo il peso di un passato irrisolto, che coincideranno sempre di più. Pensate a quanta ambivalenza si muova nel momento in cui la Baronessa da simbolo delle proprie ambizioni temuta e ammirata, diventa la sua stessa nemesi.

Un’altra caratteristica particolare dell’immagine-affezione di Crudelia è il volto della Stone, un volto “trasparente” i cui tratti riescono a stare fermi e al contempo sparire (gli occhi grandi, il naso minuto ma scultoreo, la bocca fine ma espressiva…). Deleuze distingueva due tipi di volto nell’immagine-affezione: il volto intensivo (tratti di volteità che sfuggono ai contorni per esprimere intenzioni) e volto riflettente (prevalenza del contorno e riflessione di ciò che agisce dall’esterno). La Stone sembra unire entrambi.

E’ il motivo per cui l’immagine-affezione diventa immagine-tempo nel segno dell’ambivalenza: a un certo punto lo spettatore si potrebbe chiedere “ma qua sta mentendo o ci crede davvero?”. Anche quando viene rivelato il piano ci potrebbe venire il dubbio. In fondo non sapremo mai se è prevalere è stata l’umile Estella o la (o)scenica Cruella. Due chiavi di letture dunque per questo film: da una parte secondo  immagine-movimento e la sua immagine-affezione, dall’altra secondo l’immagine-tempo se si opta per un’ambivalenza di fondo.

La peculiarità dell’attrice 

Emma Stone forse la conoscete per le acclamate interpretazioni in “La la land” (Coppa Volpi a Venezia e premio Oscar) o “Birdman”. In entrambi i film interpreta personaggi vivaci e dinamici. Si definisce una persona molto emotiva e nervosa, è stata proprio la recitazione a curarla dagli attacchi di panico di cui soffriva da piccola. Per coloro che sono affascinati dalla psicologia dietro le grandi performance e vogliono esplorarla in modo approfondito nei loro studi, diplomarbeit schreiben lassen può offrire una preziosa assistenza, garantendo che il loro lavoro finale sia di alto livello accademico. Un’ulteriore curiosità è il problema alle corde vocali di sui soffre a causa delle “coliche del neonato” che ebbe da piccola, una deformazione che la rende in grado di interpretare perfettamente i toni bassissimi che raggiunge Crudelia con certe sue espressioni.

Caparezza, a musician lost in Cinema

We are going to consider the ability of Caparezza to play with texts and music on the meaning of “sense”. Deleuze in “Sense’s logic” writes that each word need an other word to express his sense, Caparezza in his last album tries to find a word with a re-ferential sense, without the need of toher words, a “mute word”. This is why ne needs to loose himself. 

Who is Caparezza?

It is since 2019 that Caparezza seemed to be disappeared, but now he came back with a very original album, with a “meditative” concept.  

To talk about this album we have to expose in few lines the artistic career of “Caparezza” (artistic name for Michele Salvemini). Michele started in 90ies with the name “Mikimix”, a shadow of himself that he denied. From this denial Caparezza born. Caparezza walk accros different mutations: death and spiritual realization in “Habemus Capa”, a “musem phase” in “Museica” and a an ending in “prison” (“Prisoner 709”). It is going out from this prison that started “Exuvia”, this new album. This is why the cinematographic references to “italian neorealism” is so important for this album: even “neorealism” was trying to leave “mental prisons” of classic cinema, leaving the world of ideologies and discovering a world unrecognizable, in which we are like vagabonds.

Why in this album Caparezza makes a strong reference to Cinema? 

In particular Caparezza has declared to be inspired by last script of Fellini “The journey of G.Mastorna”, a script never realized, considered one of the most big project of the neo-realist director. In a song (“eterno paradosso”) he make an explicit reference to an other similar film: 8 1/2. The name of this film has a double meaning: it cames after 6 film and 3 co-directed, and it is refered to a film without a title, the one that the protagonist  has to realise with a lot of doubts. Both films, the one of the protagonists, and the film itself, is full of doubts, and confusion. The “Mastorna”, on the other hand, tells the story of a musician that after a strange airplane’s accident find himself in a strange place that seems to be the “afterlife” but it is not coherent, and more confused than life itself.

The emblematic quote taken from 8 1/2 (quoted in “eterno paradosso”) is: “I have nothing to say, but I want to say it anyway”. In Fellini’s films there is always something confused that wants to be expressed, it is what Gilles Deleuze called “pure past”, the “unconscious” rest of each present that passes. This is also why Fellini is so interested in writing his dreams and sometimes in drawing and shooting it. What differs from other neo-realistc authors is that in Fellini the real vagabond is this “pure past”. Caparezza refers to this because he find himself too lost in a land that is even lost: the pure past. This is why the penultimate song give expression to the Time itself (“Zeit”), but we are going to better see later this passage.

In “Eyes wide shut” Caparezza says “I dont’ want to find myself because I am in dangeours to really find me”. This is crucial because if he find himself in a lost land he became more lost than before! The reference to “eyes wide shut” is an other cinematographic reference, it the last Kubrick’s film. Kubrick is known to build stories in which we are not able to judge who is the true author, as in a “panic experience” (total identification with the whole) in which only a distructive innocent force operates. Only in the end of “2001, A space odissey” Deleuze writes that we can see a possible re-coincilation of this destructive force in a new world.

 

Caparezza, un musicista perso nel Cinema

  Deleuze in “Logica del senso” e “Differenza e ripetizione” ci scrive che una parola ha sempre bisogno di un’altra parola per dire il suo senso (è il paradosso del linguaggio). Caparezza nel nuovo disco cerca l’essenzialità per poter far bastare le parole a se stesse, anzi per “parlare le parole”

PER UN’ESPERIENZA COMPLETA NELLA FORESTA DEL DISCO SI CONSIGLIA https://www.exuviaexperience.com/ 

Come preannunciato in un’intervista, Caparezza dichiara di ispirarsi per questo viaggio a Guido (citato nel brano Eterno paradosso) e al Mastorna (citato come guida in exuviaexperience.com), due personaggi centrali del cinema di Federico Fellini.

Otto 1/2 racconta la storia di Guido, un regista che cerca di fare un film, ma senza riuscire a trovargli un senso. Ed è lo stesso Fellini a scegliere questo titolo perché non riesce a trovare un altro nome di senso compiuto per definire questo film (esso viene dopo sei film e tre in collaborazione). Caparezza nel brano Eterno paradosso cita una battuta che Guido pronuncia nella scena finale: “non ho proprio niente da dire, però voglio dirlo lo stesso”. Mastorna invece è il protagonista dell’ultimo script di Fellini, un progetto a lungo meditato ma mai realizzato.

Fellini apparteneva al “neorealismo italiano”, una corrente nata, un po’ come la nouvelle vague, in contrapposizione al cinema classico, con il fine di raccontare un nuovo mondo senza ideologie, in cui ci troviamo smarriti, e in cui come scrive Deleuze “gli eventi che accadono ai personaggi non gli appartengono interamente così che i personaggi non sono più attanti, ma spettatori, facendoci passare dall’immagine-movimento all’immagine-tempo”. Ciò che però rende il cinema di Fellini un caso unico nel neorealismo, è la sua capacità di far dipendere questo smarrimento da un’immagine-tempo cristallo. Il cristallo è quell’immagine in cui si vede il tempo nel suo sdoppiarsi come presente che passa e passato che si conserva. In Fellini ricorre la sensazione di dover ricordare ma senza capire perché (se sapessimo cosa ricordare infatti ce lo ricorderemmo!). E’ un passato puro orfano di presente che passa, o come lo definisce Deleuze un “germe” di cristallo, l’immagine del “cominciamento”.

E’ così che possiamo capire meglio la cruciale frase nel brano Eyes wide shut: “Io non voglio andare in cerca di me stesso perché rischio di trovarmi per davvero”: se Fellini-Caparezza trovasse finalmente se stesso finirebbe per dimenticare il “passato puro” che è invece il vero smarrito.

Eyes wide shut è l’ultimo film di Kubrick e anche qui il riferimento non è casuale: il cinema di Kubrick è caratterizzato dall’impossibilità di distinguere il vero autore di ogni avvenimento, come se tutto fosse “pienamente visibile” e al contempo “nascosto” (pensiamo anche all’Overlook hotel di Shining). Il movimento viene meno (anche in questo caso Deleuze la chiama “immagine-tempo”), perché non riusciamo a scorgere cause ed effetti chiari, l’estremo fuori coincide con l’estremo dentro. Le cose qui devono ancora iniziare nel senso che sono avvenute in un tempo a noi inaccessibile (non ne vediamo l’origine, l’inizio) e nonostante ciò subiscono modifiche da cose già presenti altrettanto senza fini.

“Cinema” according to “The Frontiers” | Intro

Everyone, at least once, visiting a museum or listening music has reflected about the question “what is music?”, “what is paiting?”. In the same way we can ask ourself “what is a film?” “what means Cinema?”.  In our age, dominated by any kind of screenings, the question is becoming even more engaging.

There a lot of reasons for which we go to cinema, but here we consider the ability of cinema to realize movement with images, to “animate” images. While at theatre we follow a story played by real people in a phisical and stable place, at cinema we are in front of an “automatic reproduction”, an automatic movement without a support. And considering paitining or photography we see the same crucial difference: the movement is continuos. This is why our traditional way to consider reality as stable and de-fined isn’t useful for the reading of a film.

The French philosopher Gilles Deleuze has written two interesting book, respecetevely called “The movement-image” and “the Time-image”. It is not casually that it has been a philospher to have grasped the potential of cinema. “Movement” and “Time” are the most difficult concepts for the “common sense”, and they are in fact two of the most important questions of philosophy (Zenone’s paradoxes, “unmoved mover” elaborated by Aristotle…)

“The movement-image” of cinema is an image that is moved by itself and so the question became “Who moves who that moves who?”, we enter in a new domain without “substances”and in which the “whole” isn’t given, a movement without a mover, a “pure movement”.

 

For those wishing to knows more about philosophycal concepts considereted here : Kant (“time” as pure form of the subjectivity), Bergson (“duration” as “indivisible time”), Nietzsche (“became who you are”), Deleuze (intensity, non-chronological time, Aion), Minkowksy (phenomenological phichiatry, “lived time”), Heidegger (temporality of Dasein).

Image: Google’s celebration of Shirley Temple, hollywoodian icon. 

 

Il Cinema secondo “Le Frontiere”

Bergson e Deleuze per interrogare il cinema

Così come in tanti di fronte a un’opera musicale o pittorica si sono chiesti cosa sia la musica o la pittura, anche di fronte a un film potremmo chiederci cosa sia l’arte cinematografica. Nella nostra epoca, dominata da schermi con immagini di ogni tipo, la domanda diventa ancora più incalzante.

Oggi, che possiamo vedere film ovunque e non per forza in una sala (anche se la vividezza dell’esperienza viene meno), e che ogni immagine o video si può tagliare, unire ad altre, manipolare etc…il lavoro concettuale sul cinema compiuto da Deleuze negli anni 80 ci è ancora più d’aiuto. (non sia mai che la bulimia di immagini arrivi a profetizzare davvero la fine anche del cinema).   Aldilà del supporto fisico su cui scorre o di ricostruzioni astratte a posteriori, il cinema altro non è che “concettualizzazione della durata”. Riprendendo Bergson, filosofo della “durata”, Deleuze si rende conto che a essere tematizzato dal cinema è proprio quello scorrere inafferrabile che nella nostra vita quotidiana è sempre costretto a un “punto di vista” (il nostro ancoraggio fisico). Se secondo Bergson (ricordiamo anche i suoi dialoghi con la relatività di Einstein) la “durata” è l’impossibilità di ricostruire il movimento da dei punti fissi di traslazione, ebbene in ogni film che si rispetti il punto fisso viene proprio a mancare. Non è come a teatro in cui ci sono degli attori che agiscono e interpretano, l’azione (il movimento) è per così mossa da sé medesima.

Riprendendo il primo capitolo di Materia e memoria di Bergson Deleuze scrive:

  1. vi sono immagini istantanee, sezioni immobili del movimento
  2. vi sono poi immagini-movimento, sezioni mobili della durata
  3. vi sono infine immagini-tempo, cioè immagini-durata aldilà del movimento stesso

Da qui i titoli dei due volumi sul cinema, scritti nel 1983 e 1985: “L’immagine-movimento” e “L’immagine-tempo”, dove Deleuze compila un’inventario delle immagini-movimento e delle immagini-tempo osservate nel cinema dalla sua nascita fino agli anni 80 del Novecento.

In foto la celebrazione Google di Shirley Temple, icona hollywoodiana.

Beauty Salon Giulio – The best of Beauty

Andate a visitare lo storico Salone Giulio al Lido di Venezia, in centro vicino all’Hotel Hungaria. Coniuga tradizione e freschezza come solo a Venezia si può fare.

Nel filmato compaiono: 

Dariya Trubina   Maria Donazzon

Mariam Taufiq    Gloria Seibezzi

Luisella Aprà      Mirella Buzatu

 

The BEST OF BEAUTY

Beauty Salon Giulio, Gran Viale S.Maria Elisabetta, 28, 30126

Il personale: Sonia Idini, Monica Zennaro, Natalia Maklhkova

Diretto da Marco Aliano
aiuto regia di Alessio Bellemo
MUSICHE Shiro (Instrumental) by Aussens@iter (c) copyright 2017 Licensed under a Creative Commons Attribution (3.0) license. http://dig.ccmixter.org/files/tobias_… Ft: Hans Montgomery Atom Elektronimia – Fire Elektronimia – Summersong 2017